Insalata di caprino caldo
Uno degli argomenti che divide gli operatori che si occupano di nutrizione riguarda il latte. Fa bene? Fa male? A chi? In che misura?
In questa sede accennerò solo brevemente alla questione inerente il fatto che il latte e i suoi derivati siano o meno alimenti adatti all’essere umano. Per chi fosse interessato ad approfondire ho trattato ampiamente questo argomento nel libro Alimentazione naturale e consapevole. Qui vorrei solo fare una considerazione riguardante la qualità di questi alimenti. Quando si fa riferimento a latte e latticini è prima di tutto necessario specificare di che latte si sta parlando.
Prendiamo un banale latte a lunga conservazione che si trova al supermercato, di mucche che non hanno mai visto un pascolo, non hanno mai brucato erba, sono state cresciute con mangimi a base di organismi geneticamente modificati, irrorati di pesticidi, arricchiti di ormoni e antibiotici. Mucche che sono ingravidate senza sosta, hanno a disposizione qualche metro quadrato per muoversi, vengono separate dai loro vitellini poco dopo la nascita e muoiono sfinite dopo avere vissuto una vita intera di sofferenza. Oltre ad essere pieno di veleni, pertanto inadatto a chiunque, il loro latte viene sottoposto a pastorizzazione, un trattamento termico che provoca la precipitazione delle proteine, in particolare le caseine, rendendole più indigeste di quanto non siano all’origine. Gli allevamenti intensivi sono una delle più scellerate invenzioni dell’uomo.
All’estremo opposto consideriamo il latte di capre, pecore o mucche che pascolano libere all’aperto, magari in montagna dalla primavera all’inizio dell’autunno, cibandosi di erba fresca nella stagione calda e fieno durante l’inverno, ovvero il loro cibo naturale, allattano i loro piccoli fino allo svezzamento e continuano a vederli crescere fino all’età adulta.
È evidente che c’è un’enorme differenza tra questi due tipi di latte, non hanno praticamente alcunché in comune.
Il latte, quello materno, è un alimento indispensabile nei primi anni di vita del bambino, per la sua crescita e per la corretta formazione delle sue difese, essendo presenti microrganismi e molecole del sistema immunitario che vengono trasferiti anche attraverso questa via dalla mamma al neonato. Il latte dovrebbe essere specie-specifico, ma se una donna non può produrre il suo latte è opportuno sostituirlo. Dopo lo svezzamento non è più necessario assumere latte, tuttavia lo si può tollerare se non ci sono particolari condizioni di salute per le quali potrebbe risultare controindicato.
Ancora meglio è farlo cagliare e fermentare, per produrre latticini quali yogurt, faisselle (un latte crudo cagliato molto diffuso in Francia e in Svizzera), ricotta oppure formaggio, in quest’ultimo caso lasciandolo stagionare più o meno a lungo in base al tipo di prodotto che si vuole ottenere. Nei formaggi, così come in altri latticini fermentati, preziosi microrganismi svolgono un utile lavoro di predigestione. Quando è possibile è meglio sceglierli di latte crudo rispetto a quelli ottenuti da latte pastorizzato, in modo tale che il calore non ne abbia alterato le caratteristiche nutrizionali. Il latte di capra (ed eventualmente di pecora) è inoltre da preferire rispetto a quello di mucca, perché ha una composizione più simile al latte della donna.
Nel complesso, latte e latticini restano comunque alimenti di cui è bene fare un uso moderato anche se biologici e di ottima qualità, soprattutto se a questi si aggiunge il consumo regolare di altri prodotti animali, con i quali si possono alternare. Sono infatti alimenti tendenzialmente acidificanti (l’intensità dipende dal tipo di lavorazione, cottura e stagionatura cui sono sottoposti), soprattutto se il latte è stato scaldato, cosa purtroppo molto frequente perché è sempre più raro (ma non impossibile) riuscire ad acquistare latte fresco e crudo e formaggi non pastorizzati, a meno che ci si rivolga a piccoli allevatori di fiducia nella propria zona che li producono come si faceva in passato. Ovviamente quest’ultima è la scelta da privilegiare.
Ai mercati contadini, per esempio, si trovano ancora latticini di qualità, anche di latte crudo di capra, pecora e mucche al pascolo. Apro una piccola parentesi personale. In Svizzera conobbi una signora ormai anziana che viveva in montagna, aveva alcune caprette che chiamava per nome e lasciava libere a pascolare e brucare erba da marzo ad ottobre. Scendeva a valle di tanto in tanto per allestire un piccolo banchetto al mercato settimanale su cui esponeva una faisselle di capra e qualche formaggetta di latte freschissimo, entrambe deliziose e prive di additivi. Era un sapore di altri tempi.
Il caprino fresco è ideale per preparare una pietanza semplice e al tempo stesso ricercata, molto conosciuta sia in Francia che in Svizzera come salade de chèvre chaud (insalata di caprino caldo). È perfetta come piatto unico estivo.
Insalata di caprino caldo
Ingredients
- 2 fette di pane (di grani antichi)
- 1 caprino fresco (di latte crudo)
- q.b. insalata (radicchio, rucola, foglie di quercia)
- 1/2 cipolla rossa (di Tropea)
- 6 olive nere (denocciolate)
- 4 gherigli di noce
- 1 fico
- 2 cucchiai di olio extravergine di oliva
Instructions
- Scaldare il pane in padella o in forno per donargli croccantezza. Se possibile utilizzare un buon pane di grani antichi, integrale o semi integrale, lievitato a lungo con pasta madre.
- Disporre sopra ogni fetta due spesse rondelle di caprino fresco.
- Rimettere in padella o in forno per qualche minuto, fino a rendere il formaggio tiepido, morbido e cremoso.
- Adagiare i crostoni su un letto d’insalata mista (radicchio, rucola e foglie di quercia) condita con olio extravergine di oliva, cipolla rossa di Tropea tagliata a lamelle sottili, olive nere, gherigli di noce, fettine di fico ed erbe aromatiche a piacere.
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