I legumi fanno bene o male? Li mangio sì o no?

I legumi fanno bene o male?

I legumi rientrano tra quegli alimenti piuttosto controversi: alcuni nutrizionisti ne sottolineano le qualità e raccomandano di consumarli con regolarità, altri invece li collocano tra gli alimenti che sarebbe meglio evitare o adatti solo ad un uso occasionale.

Come comportarsi quindi, con quale criterio decidere se fanno bene o male?

 

Prima di tutto conosciamoli un po’ più da vicino e vediamo quali sono i loro pregi e difetti.

 

I loro pregi

I legumi vantano diverse proprietà, tra le quali:

 

  • Sono ricchi di proteine, anche se non si tratta di proteine complete come quelle di derivazione animale.

 

  • Sono una buona fonte di minerali.

 

  • Contengono molte fibre, utilissime per garantire la regolarità intestinale e proteggere da malattie a carico dell’apparato digerente.

 

  • Hanno un elevato potere saziante.

 

I loro “difetti”, con le attenuanti

I legumi presentano anche degli inconvenienti non trascurabili, per esempio:

 

  • Contengono acido fitico, che altera l’assorbimento di certe sostanze, soprattutto dei minerali. Altri studi, tuttavia, hanno mostrato che l’acido fitico ha un effetto protettivo nei confronti di alcuni tumori, per esempio il tumore al colon, poiché, oltre ai minerali, chela anche sostanze tossiche e radioattive. I ricercatori hanno inoltre osservato che aumentando la concentrazione di acido fitico nella dieta, l’assorbimento dei minerali inizialmente diminuisce, ma si tratta di un calo transitorio perché poi l’efficienza di assorbimento aumenta progressivamente, cioè il corpo si adatta.

 

  • Nei legumi sono presenti sostanze chiamate lectine, che inibiscono alcuni enzimi digestivi (amilasi e proteasi), rallentando l’assorbimento di carboidrati e proteine; inoltre, ad alte dosi le lectine promuovono l’agglutinazione dei globuli rossi, favoriscono l’infiammazione della mucosa intestinale e l’aumento della permeabilità intestinale, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Accanto a questi lati negativi c’è una piccola nota a favore delle lectine: contribuiscono a non fare innalzare i trigliceridi e il colesterolo (che tuttavia, come ho già scritto altrove, non rappresenta il pericolo tanto temuto fino a qualche anno fa).

 

  • Alcuni legumi, come la soia e i fagioli, contengono saponine: si tratta di sostanze utilizzate dalle piante come sistemi difensivi contro organismi patogeni, in particolare funghi; ad alte dosi le saponine hanno sui globuli rossi un effetto opposto alle lectine, cioè creano emolisi. D’altra parte però le saponine, se assunte in piccole quantità, aiutano a tenere sotto controllo il livello di colesterolo nel circolo sanguigno perché bloccano il riassorbimento dei sali biliari. Per ripristinare il contenuto di sali biliari nella colecisti, il fegato richiama colesterolo dal sangue.

 

  • Contengono una buona dose di carboidrati, da tenere in considerazione per non esagerare con gli zuccheri, soprattutto se si associano ai cereali, cosa che spesso accade. L’alta presenza di fibre fa sì che abbiano comunque un indice glicemico inferiore a quello dei cereali.

 

  • Possono favorire la fermentazione intestinale, quindi produzione di gas e gonfiore. In realtà, questo accade soprattutto se l’intestino è un po’ malmesso e il consumo di legumi è saltuario, poiché non c’è stata la naturale selezione di microrganismi capaci di metabolizzarli.

 

  • Contengono altre sostanze anti-nutrienti che possono risultare tossiche e gozzigene.

 

  • Alcuni legumi, come la soia, contengono fitoestrogeni, il che può essere utile in certi casi (per esempio calo di estrogeni in menopausa) e controindicato in altri (per esempio presenza di forme tumorali, attuali o passate, o problemi legati alla tiroide).

 

Alla luce di queste osservazioni, affermare che i legumi facciano bene o male in assoluto è assai riduttivo. Dipende da come vengono preparati, cucinati e da chi li assume.

 

L’importanza della preparazione prima della cottura

A difesa dei legumi, c’è da dire che molti degli aspetti svantaggiosi citati sopra possono essere fortemente ridotti se vengono sottoposti ad adeguati trattamenti prima e durante la cottura:

 

  • lungo ammollo con succo di limone o aceto di mele, cambiando l’acqua più volte;

 

  • cottura completa (quindi no legumi al dente) insieme ad alcune alghe, come la kombu;

 

  • germinazione: tra i trattamenti indicati è probabilmente quello in grado di degradare maggiormente le molecole anti-nutrienti;

 

  • fermentazione.

 

Le differenze individuali

Oltre a considerare da un punto di vista teorico i pro e i contro dei legumi e mettere tutto sul piatto della bilancia è importante osservare le reazioni del nostro organismo. Le differenze individuali nella misura in cui vengono tollerati i legumi possono essere notevoli e dipendono da vari fattori: il tipo di regime alimentare, lo stato dell’intestino, la presenza di eventuali malattie, la costituzione, l’abitudine a consumarli con regolarità che, come dicevo sopra, porta a selezionare una flora intestinale in grado di digerirli adeguatamente.

 

È evidente che, in presenza di patologie conclamate dev’essere posta un’attenzione in più nella scelta di consumare o no i legumi ed eventualmente quali, perché ci sono condizioni in cui gli anti-nutrienti citati sopra, anche se ingeriti in piccole quantità, hanno un effetto decisamente deleterio. Mi riferisco per esempio ad alcune patologie a carico dell’apparato intestinale come infiammazione, aumentata permeabilità intestinale, morbo di Chron, rettocolite ulcerosa, tanto per citarne alcune. In questi e in altri casi la personalizzazione della dieta è più che mai indispensabile.

 

Quindi, la domanda che sarebbe opportuno porsi non è tanto se i legumi facciano genericamente bene o male ma piuttosto come li gestisce il proprio corpo nello specifico se inseriti nel regime alimentare seguito abitualmente?

 

In conclusione, penso che i legumi possano avere un loro meritato spazio nella dieta di una persona in salute, soprattutto se vengono impiegati in sostituzione dei cereali, cioè come fonte di carboidrati e non solo di proteine, cucinati in modo adeguato e non consumati con frequenza quotidiana.

 

Se poi, nonostante tutti gli accorgimenti presi dovessero comunque creare disagio, è chiaro che sarebbe meglio non insistere, sospenderli almeno per un periodo, rivedere la dieta nel suo insieme e lo stato infiammatorio dell’intestino. L’ultima parola spetta sempre al corpo, che evidentemente in quel momento non li gradisce.

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