Stile di vita e salute: l’insegnamento di Servan-Schreiber

Stile di vita e salute: l’insegnamento di Servan-Schreiber

In questi giorni mi è capitato “per caso” di vedere un video di qualche anno fa di David Servan-Schreiber, psichiatra, giornalista e ricercatore francese che ha dato un grande contributo alla comprensione di quanto lo stile di vita incida sulla salute, in particolare sulla genesi dei tumori.

 

Mi ha suscitato commozione e tanti ricordi. David Servan-Schreiber è stato sul piano lavorativo e umano uno degli incontri significativi che mi hanno aperto gli occhi su tante cose che sentivo stridere nel modo classico di affrontare la malattia e la guarigione, un apripista di quella che oggi viene definita la medicina integrata.

 

Per lungo tempo ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti, dove è stato co-direttore del laboratorio clinico di Neuroscienze Cognitive presso l’Università di Pittsburgh. Oltre a numerosi articoli scientifici, ha pubblicato diversi libri nei quali descrive l’importanza di tecniche alternative alla medicina convenzionale per la prevenzione e la cura del cancro e di altre patologie, incluse quelle psichiatriche di cui in particolare si occupava.

 

È stato uno dei primi scienziati a sottolineare l’importanza dell’alimentazione e dello stile di vita nella genesi delle malattie (e quindi nella loro guarigione), raccogliendo e divulgando numerosi studi scientifici che all’epoca in cui è uscito il suo primo libro, Anticancro, erano ancora in gran parte sconosciuti al grande pubblico e forse anche ad esperti del settore. Quelle stesse cure le applicò anche a se stesso, cambiando così il futuro che gli era stato prospettato ad un certo punto del suo cammino.

 

Nel 1992, a soli 31 anni, scoprì di avere un cancro al cervello, inoperabile: gli diedero pochi mesi di vita, ma lui riuscì a vivere 19 anni in buone condizioni, continuando a lavorare, ricercare e seguire instancabilmente i suoi pazienti. Alle terapie convenzionali affiancò una dieta particolare, un’integrazione opportuna, esercizi di meditazione, esercizio fisico, insomma una cura globale del suo corpo e del suo mondo interiore, uno stile di vita che lui stesso definì, appunto, anticancro e divenne la base del suo approccio alla salute e alla malattia.

 

Dopo una prima recidiva, nel 2000, ebbe una remissione che gli permise di vivere e lavorare per i dieci anni successivi. Il secondo ritorno del tumore, nel 2010, lo condusse invece alla morte, avvenuta nel 2011.

 

Quando la malattia lo ha portato via prematuramente, alcuni lo hanno criticato per non essere riuscito a salvare se stesso, dimenticando che è vissuto quasi 20 anni di fronte ad un’iniziale prognosi di pochi mesi. Inoltre, come lui stesso racconta nel suo ultimo libro, Ho vissuto più di un addio, scritto durante l’ultimo periodo di vita, ha iniziato tardi ad applicare su di sè ciò che lui stesso ha scoperto e insegnato, sottovalutando tra l’altro l’impatto che ritmi di lavoro stressanti, impegni eccessivi e responsabilità talvolta soffocanti possono avere sulla salute di una persona. Anche questa consapevolezza, insieme alla profonda umanità che lo avvicinava alle persone, fanno parte della sua straordinaria eredità, che si aggiunge a quella più strettamente scientifica degli studi svolti in laboratorio e delle osservazioni in campo clinico.

 

Al di là di quello che è stato il suo personale percorso di vita e malattia, resta il fatto che ha aiutato e salvato la vita di tante persone e ha lasciato materiale prezioso che è stato fonte d’ispirazione per chi ha continuato il lavoro da lui iniziato.

 

Non so se condivido tutto quello che sosteneva riguardo all’alimentazione e all’integrazione, anche perché negli ultimi anni nuove e importanti scoperte si siano aggiunte a quelle che aveva raccolto ormai quasi 30 anni fa, ma David Servan-Schreiber rimane per me un grande scienziato e un uomo coraggioso che ha saputo ampliare la propria visione e il proprio modo di lavorare andando oltre i protocolli proposti dalla medicina ufficiale. Forse è proprio questo che più mi è piaciuto di lui, il suo spirito critico, unito all’umiltà di chi sa che nella scienza, come nella vita, ogni nuovo traguardo raggiunto non è mai un punto d’arrivo ma un nuovo punto di partenza.

 

Con queste parole conclude il video al quale accennavo sopra, ricordando quanto sia importante coltivare il proprio spazio interiore e la gratitudine anche solo per il fatto di essere vivi:

“I really like this idea that developing a healthful life, nourishing life in us, starts with bending a little bit of time by ourselves, for ourselves, focused on what it is like to be alive, every day.”

(Amo l’idea che sviluppare una vita sana, nutrire la vita che scorre dentro di noi, inizi con il trovare un po’ di tempo in cui rimaniamo con noi stessi, per noi stessi, concentrati su ciò che significa essere vivi, ogni giorno.)

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