Il salmone: buono, nutriente ma non tutto uguale

Il salmone: buono, nutriente ma non tutto uguale

Il salmone è un pesce ricco di proteine di qualità e preziosi acidi grassi omega 3 a lunga catena. Si tratta di acidi grassi essenziali, che il corpo deve assumere attraverso l’alimentazione, anche se pochi sono i cibi che ne contengono in buone quantità.

 

Alcuni sono di origine vegetale, come i semi di chia e di lino, la borragine, altri di origine animale. La maggior parte degli omega 3 di origine vegetale, tuttavia, devono subire una trasformazione per essere convertiti in acidi grassi a lunga catena (EPA e DHA) e questo processo non sempre è efficiente (fanno eccezione le alghe, che contengono acidi grassi a catena lunga ma in genere non abbondano nella nostra alimentazione). Ecco perché, per chi non è vegano o vegetariano, assumerli dal pesce è una soluzione migliore anche se, come vedremo, non priva di inconvenienti. Sui grassi omega 3 e omega 6 e sulle proporzioni in cui dovrebbero essere presenti nella dieta ho già scritto un articolo precedente al quale rimando se si vuole saperne di più in merito.

 

Il salmone, come altri pesci grassi, dovrebbe essere un’ottima fonte di EPA e DHA, ma c’è un però: molto dipende dalla sua origine. Il salmone selvaggio, pescato nei mari freddi del nord atlantico o pacifico, ne contiene senz’altro molti di più del salmone da allevamento, soprattutto quello da allevamento intensivo.

 

Il salmone di allevamento (e più in generale il pesce di allevamento) sarebbe da evitare il più possibile, per tante ragioni, sia etiche che nutrizionali. È ricco di residui tossici (endogeni ed esogeni), è nutrito con sfarinati vegetali o animali per nulla adatti alla sua fisiologia ma preferiti dall’industria per fare ingrassare rapidamente i poveri pesci. Quel grasso non ha nulla di sano e salutare, né per loro né per noi quando ci cibiamo delle loro carni. I pesci sono così stipati nelle vasche che sono costretti a nuotare nei loro escrementi. Per non parlare degli ormoni, degli antibiotici e dei coloranti con i quali vengono imbottiti. Ormoni per accelerare la crescita, antibiotici per scongiurare le infezioni, viste le pessime condizioni di vita che sono loro riservate ma anche per farli ingrassare più rapidamente, e coloranti per rendere più attraenti le carni agli occhi del consumatore che associa l’idea del colore acceso con quella di freschezza. Niente di più errato. Il colore di origine del salmone allevato sarebbe infatti rosa pallido, assai più spento di quello che troviamo nel pesce fresco o congelato del supermercato, della pescheria o nelle buste di salmone affumicato. Viene acceso grazie ai coloranti appositamente aggiunti al mangime.

 

Dei preziosi omega 3 nominati come specchietto per allodole sulla confezione che lo racchiude resta solo un lontano ricordo. Il cibo non di elezione con cui è stato nutrito l’avrà invece arricchito di grassi saturi, che non sono da temere in quanto tali ma diventano nocivi se assunti in eccesso e soprattutto se sono ricchi di tossine. È proprio lì, nel tessuto adiposo che esse si accumulano, sia quelle endogene, prodotte dal metabolismo e dalla sofferenza che l’animale ha subìto nella sua breve e infelice vita, sia quelle esogene, derivanti dall’alimentazione, dai farmaci e da qualsiasi fonte esterna all’organismo, non solo alimentare o farmacologica.

 

Il salmone da preferire quindi è quello selvaggio, pescato con pesca sostenibile, con le carni di un bel colore arancio intenso. Da evitare soprattutto quello da allevamento intensivo norvegese, che purtroppo è il più diffuso ed economico. Quando troviamo una sostanziale differenza di prezzo tra due prodotti all’apparenza simili, come in questo caso tra salmone di allevamento e salmone pescato, chiediamoci perché, chiediamoci cosa in realtà stiamo comprando, andiamo oltre quello che c’è scritto sull’involucro esterno. Se cambia la richiesta del consumatore cambierà anche l’offerta del mercato. Dopo tutto abbiamo ancora un grande potere, il nostro potere di acquisto. Mangiando meno e di qualità, alla fine spenderemo anche meno, per tante ragioni che ora non sto ad approfondire ma sulle quali tornerò.

 

Anche il pesce pescato in realtà non è del tutto privo di inconvenienti perché oggi i mari sono inquinati, per esempio da metalli pesanti e microplastiche. Per questo i pesci migliori sono quelli di piccola taglia. Perché preferire i pesci piccoli? Essendo in basso nella catena alimentare hanno accumulato meno tossine dei predatori di più grosse dimensioni, che si cibano dei pesci più piccoli. Alcuni di questi, come il tonno o il pesce spada, sarebbero perfetti dal punto di vista della loro ricchezza nutrizionale se il mare fosse pulito, cosa che purtroppo non è. Il salmone è una buona via di mezzo ma come abbiamo visto c’è salmone e salmone e bisogna sceglierlo con discernimento. Altri ottimi pesci sono lo sgombro, le sarde, le sardine e in generale il pesce azzurro del Mediterraneo.

Riassumendo, quando si va a comprare il pesce ci sono almeno tre aspetti da tenere in considerazione: taglia, provenienza e tipo di pesca.

 

A mio avviso, il modo migliore per preparare il salmone è al vapore, per non sciupare con cotture troppo aggressive i suoi delicati omega 3, sensibili al calore e alla luce. In alternativa lo si può cuocere in padella o al cartoccio (non nella pellicola di alluminio) a bassa temperatura. È importante poi abbinarlo sempre ad un’abbondante porzione di verdure di stagione: saziano, apportano fibre e micronutrienti e contrastano il potere acidificante dei cibi proteici.

 

Oggi l’ho preparato con scalogno, olive e capperi. Si fa appassire lo scalogno in poco olio di oliva e su di esso si adagiano i tranci di salmone, per evitare di esporli direttamente al calore intenso del fondo della padella. Si lasciano cuocere a fuoco lento per alcuni minuti e a fine cottura si aggiunge una manciata di olive e una di capperi.

Ancora nessun commento

Scrivi un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.