Il digiuno, una pratica antica da riscoprire
Il digiuno è una pratica che fa parte delle più antiche tradizioni orientali e occidentali. Purtroppo si è persa con l’andare del tempo e con l’avvento dell’era industriale, ma da alcuni anni ha ripreso a destare interesse, soprattutto negli ambienti che si occupano di igienismo e di terapie naturali.
Anche gli animali lo praticano in modo istintivo quando non stanno bene e così pure i bambini, dotati di un istinto molto più sviluppato di quello degli adulti. I bambini sono capaci di ascoltare il loro corpo, sanno quando hanno fame e quando è il momento di smettere di mangiare, con una precisione che arriva al boccone di troppo. Purtroppo sono gli adulti che, per paura, per educazione ricevuta o per abitudine, spesso li forzano a mangiare anche quando il loro corpo rifiuterebbe momentaneamente il cibo.
I pareri sul digiuno non sono unanimi: da una parte ci sono i convinti sostenitori e dall’altra chi lo considera una pratica inutile e addirittura dannosa. Il digiuno può portare molti benefici, ma è importante contestualizzarlo e personalizzarlo.
Affinché il digiuno sia vissuto serenamente è essenziale che la modalità e il momento siano scelti in funzione del singolo individuo. Non c’è infatti un solo modo di praticare il digiuno, lo si può attuare con tante sfumature diverse che ne determineranno la riuscita e il “come” lo si vive.
Il termine digiuno è molto ampio in quanto comprende diverse tipologie di questa pratica. Il digiuno in senso stretto è l’intervallo che intercorre tra due pasti. Se così lo si intende digiuniamo tutti più volte al giorno, in particolare durante il riposo notturno. Tuttavia, dal punto di vista nutrizionale si parla di digiuno quando la distanza temporale tra due assunzioni di cibo è tale da indurre un preciso cambiamento dal punto di vista metabolico, cioè quando il livello di zucchero nel sangue, la glicemia, non è più mantenuto dalle riserve di glucosio ma dalla gluconeogenesi. La gluconeogenesi è un processo che utilizza il corpo per formare glucosio a partire da determinati aminoacidi (quindi dalle proteine). Questo passaggio avviene a distanza di circa 16 ore dall’ultimo pasto effettuato.
Se si prolunga il digiuno, dopo circa 48 ore vi è un ulteriore cambiamento, ovvero l’organismo inizia ad utilizzare i grassi per produrre corpi chetonici, che diventano il principale carburante per le cellule al posto del glucosio. La produzione di chetoni funzionerà a pieno regime dopo 3-4 giorni. Un po’ di glucosio sarà comunque sempre indispensabile per mantenere costante la glicemia. Questo si ricaverà in piccola parte dalle proteine e per la maggior parte dal glicerolo liberato dall’utilizzazione dei grassi a scopo energetico.
Il digiuno prolungato può assumere un valore terapeutico poiché il corpo, molto intelligentemente, prima di demolire i tessuti sani cerca di utilizzare cellule morte o malate, facendo così una profonda pulizia interna seguita da una fase di rigenerazione cellulare nel momento in cui si riprende a mangiare.
Si pratica invece un digiuno intermittente quando, per esempio, si consuma un solo pasto al giorno. L’intervallo tra due assunzioni di cibo è quindi di 24 ore e questo si ripete quotidianamente.
Oggi si sente spesso parlare di digiuno intermittente 8/16, cioè si mangia in un intervallo di 8 ore (in genere si fanno due pasti) e non si assume cibo per le 16 ore successive. In realtà, più che di un digiuno vero e proprio, si tratta di una restrizione della finestra temporale durante la quale si consumano i pasti. Infatti, come spiegato poco sopra, non si superano le 16 ore necessarie per innescare un cambiamento metabolico.
Nonostante un digiuno breve (o intermittente) sia praticabile da chiunque abbia abbastanza forza e si trovi in buone condizioni di salute, non dovrebbe essere preso con leggerezza né lo si dovrebbe considerare come la panacea di tutti i mali. Nel caso si desideri fare un digiuno prolungato è particolarmente indicato chiedere prima consiglio al proprio medico o terapeuta ed essere seguiti durante tutto il percorso. Ognuno di noi ha una costituzione con caratteristiche diverse, pertanto la supervisione di un esperto può aiutare a trovare la modalità più adatta alla propria persona e ad affrontare al meglio gli ostacoli che si possono presentare.
Come il regime alimentare andrebbe pensato su misura individuale, così si dovrebbe personalizzare il digiuno, qualora si decida di farlo, tenendo in considerazione la vitalità, il carattere, le ragioni per cui si vuole fare questa esperienza e lo stile di vita in generale. Questo è ancora più importante, direi indispensabile, se una persona ha problemi di salute e se assume farmaci. Inoltre, tanto più è lungo il periodo di digiuno tanto più dev’essere preparato e seguito con cautela. Oltre all’aspetto fisico è fondamentale l’atteggiamento psicologico con cui lo si vive. Se viene percepito come un’imposizione o se lo si adotta perché sta diventando la moda salutistica del momento, difficilmente si potranno ottenere e apprezzare tutti i benefici che può portare e potrà addirittura rivelarsi più di danno che di utilità.
A chi si avvicina per la prima volta al digiuno l’idea di non assumere niente di solido da mattina a sera può creare un po’ di stress.
Un rituale che può aiutare molto a vivere questo momento con naturalezza e senza senso di sacrificio è fare un bagno caldo al posto della cena. È da vivere un po’ come un regalo da offrirsi per compensare una piccola rinuncia che si sta facendo. Oltre a questo aspetto psicologico, perché il bagno caldo può aiutare? Ciò che succede è che il corpo immerso nell’acqua calda si distende, si mette in modalità “riposo” e non cerca cibo. Lo stimolo della fame si spegne, almeno questo è quello che io sperimento ogni volta.
Alcuni si spingono oltre, praticando un digiuno complessivo di 18-20 ore spalmato su due giorni, cosa che può essere molto più accettabile rispetto ad un periodo di digiuno che va dal mattino di un giorno a quello del giorno successivo. In pratica funziona così: il giorno in cui si decide di iniziare si fanno colazione e pranzo normalmente. Si smette di mangiare verso le 13 e non si mangia nulla fino al pranzo del giorno seguente. All’inizio si può cercare di spostare la colazione sempre un po’ più tardi rispetto al solito, fino ad arrivare all’ora di pranzo e quindi, di fatto, saltare la colazione e andare direttamente a pranzo.
Altre persone si trovano meglio procedendo in modo opposto: cenano e poi non mangiano più nulla fino alla cena del giorno successivo, che può essere più abbondante del solito. Personalmente non mi si addice questa soluzione perché coricandomi a stomaco troppo pieno non riesco a riposare bene, ma non per tutti è così. Ancora una volta si tratta di essere all’ascolto di se stessi e di riuscire ad adattare in funzione degli impegni della propria vita.
Qualcuno forse si chiederà: “Perché digiunare quando abbiamo a disposizione tutto il cibo che vogliamo?”. In linea generale lo scopo principale del digiuno, breve o lungo che sia, è dare un periodo di riposo all’apparato digerente. Oggi si mangia in genere dalle 3 alle 5 volte al giorno (almeno nella società occidentale, altrove purtroppo non è così), mediamente si introducono molte più calorie rispetto al dispendio energetico quotidiano, si tende a mescolare troppi alimenti in uno stesso pasto, si cuoce troppo a lungo a temperature elevate, insomma più o meno consapevolmente si mettono a dura prova la resistenza e la funzionalità dell’apparato digerente senza lasciargli sufficiente tempo per completare la digestione tra un pasto e quello successivo.
Ciò significa che il corpo è continuamente impegnato a digerire e a cercare di compensare abitudini alimentari sbagliate, che costituiscono delle vere e proprie aggressioni se sono ripetute nel tempo, indebolendo non solo la nostra capacità digestiva ma anche il sistema immunitario, il sistema ormonale e quello nervoso. Tutta l’energia spesa in questo barcamenarsi alla bene meglio tra eccessiva sollecitazione e continue richieste è sottratta ad altre funzioni altrettanto importanti: eliminazione, movimento, concentrazione, auto-guarigione, tanto per fare alcuni esempi.
Tuttavia, è soprattutto nel digiuno prolungato che il corpo può finalmente dedicarsi a compiere queste e altre attività, iniziando prima di tutto a fare un po’ di ordine e pulizia, a ristabilire un equilibrio laddove è venuto meno, a curare ciò che ha bisogno di attenzione e deve essere guarito. Spesso si pensa di dovere aggiungere qualcosa per stare meglio, un alimento, un super alimento, un integratore, una vitamina, un farmaco. A volte, invece, basterebbe fare meno, aspettare e rimanere ad osservare.
Antonio Romeo
28 Ottobre 2021 at 8:50Dove ricevi?