Dieta senza glutine: è sempre salutare?

Dieta senza glutine: è sempre salutare?

In genere quando faccio la spesa cerco di non acquistare tutto in un posto solo ma di suddividere tra piccoli produttori, mercati e anche supermercati, a volte per comodità, per una questione di tempo o per cercare prodotti particolari.

 

Se vado nei negozi o nei supermercati mi piace passare un po’ di tempo a curiosare tra le novità del momento e soprattutto leggere le etichette, anche quelle di prodotti che non acquisto.

 

Da questo semplice e apparentemente inutile esercizio si possono scoprire tante cose su come l’industria cerchi di ingannare un consumatore poco attento e attirato più dal packaging e dalla pubblicità che dal contenuto e dalla qualità di un prodotto. Ti faccio due esempi: alimenti senza glutine e alimenti integrali. Per ora mi concentro sui primi mentre i prodotti integrali saranno l’argomento di un prossimo articolo.

 

Oggi sempre più persone decidono di seguire un regime alimentare privo di glutine. Alcune lo fanno per scelta, in questo caso può trattarsi di un’esclusione parziale o totale del glutine, altre per necessità. Queste ultime sono le persone che presentano una condizione di celiachia oppure di allergia al grano.

 

Perché sono in aumento le reazioni al glutine?

Il glutine è un complesso proteico insolubile in ambiente acquoso formato da due proteine, gliadina e glutenina, che l’essere umano non riesce a digerire perché non possiede gli enzimi necessari. Il termine glutine deriva dal latino “gluten” che significa colla. Già questa definizione la dice lunga: una colla indigeribile che ci ritroviamo prima nello stomaco e poi nell’intestino. È presente nell’endosperma della cariosside di alcuni cereali in diverse proporzioni, per esempio grano, kamut, farro, segale e orzo. Tuttavia, non lo si trova soltanto in prodotti da essi derivati che ovviamente lo contengono, come pane, pasta e dolci convenzionali, ma anche in tutta una serie di cibi industriali in cui non se ne sospetterebbe la presenza, come sughi, cioccolato, insaccati, ai quali viene aggiunto per dare consistenza.

 

In alcune persone geneticamente predisposte il glutine scatena una reazione infiammatoria autoimmune che può portare ad un severo danneggiamento della mucosa intestinale e alla distruzione dei villi intestinali, la cui presenza è essenziale per aumentare la superficie di assorbimento dei metaboliti prodotti dalla digestione. Alla lunga e senza misure preventive questo genera carenze e disturbi più o meno gravi. Ad oggi non esistono terapie per risolvere il problema della celiachia ma se tali persone seguono una dieta rigorosamente priva di glutine il processo infiammatorio si ferma, i villi ricrescono e si osserva una completa remissione dei sintomi.

 

C’è poi un’altra categoria di persone che sono allergiche al grano (e a volte ad altri alimenti). In questo caso non si tratta di una reazione autoimmune, nel senso che non risultano positive ai test per la celiachia (esami del sangue per accertare l’eventuale presenza di anticorpi anti-transglutaminasi, biopsia intestinale e test genetico) e non manifestano una condizione di distruzione della mucosa intestinale.

 

I soggetti allergici (al grano e/o ad altre sostanze allergeniche) mostrano invece un’aumentata risposta nella produzione di alcune classi di anticorpi (in particolare immunoglobuline IgE) in seguito all’ingestione o all’inalazione di un dato alimento o di una data sostanza, similmente a quanto accade nell’allergia al polline o ad altri comuni allergeni. I sintomi di un’allergia possono includere prurito e gonfiore delle mucose, arrossamenti, reazioni cutanee, disturbi non specifici nel tratto gastrointestinale, problemi a carico dell’apparato respiratorio, eccetera. Le reazioni allergiche possono essere immediate o ritardate di qualche ora o di qualche giorno.

 

Infine, è in aumento il numero di persone che si definiscono sensibili al glutine. Si parla in tal caso di sensibilità non celiaca al glutine. Anche in questo caso i test per evidenziare un eventuale stato di celiachia danno un esito negativo e non sono presenti reazioni autoimmuni, ma queste persone accusano alcuni sintomi simili a quelli di soggetti celiaci, per esempio disturbi digestivi, spossatezza, mal di testa, sintomi che spariscono se omettono il glutine dalla loro dieta.

 

Perché oggi ci sono tutti questi problemi legati al glutine, problemi che fino alla scorsa generazione non c’erano o non erano così frequenti? Il glutine di oggi è forse diverso da quello di ieri?

 

A mio avviso ci sono almeno tre fattori da considerare. Il primo è che probabilmente l’uomo è sempre stato intollerante al glutine ma se il suo intestino, ovvero il microbiota intestinale, è in equilibrio, può usufruire dell’aiuto che gli viene offerto da alcuni microrganismi che ospita in grado di digerirlo. In piccole quantità può così tollerarlo. Il problema è che oggi si stima che almeno l’80% della popolazione soffra di disbiosi (disequilibrio) intestinale. E con essa se ne va la capacità di digerire il glutine.

 

La seconda spiegazione è che probabilmente il glutine dei grani antichi era diverso rispetto a quello del grano moderno. La cosiddetta “forza” del glutine attuale è di diverse volte maggiore (da valori W di forza del glutine pari a 10-50 si è passati a 300-400) rispetto a quella di grani antichi. È evidente che la sua struttura sia in qualche modo cambiata. Si tratta di una selezione che è stata fatta per un fine esclusivamente commerciale dal momento che il glutine favorisce il processo di lievitazione.

 

Ma soprattutto, il fattore più importante, è che fino alla metà del secolo scorso il modo di alimentarsi era sostanzialmente differente da quello odierno e le quantità di glutine assunte erano assai inferiori rispetto ad oggi.

 

Oltre all’aumento esponenziale del consumo di frumento dal dopoguerra ad oggi (basta dare un’occhiata ai prodotti da forno di un supermercato per rendersi conto che la maggior parte di essi è ancora a base di frumento, per di più raffinato e da coltivazioni intensive), si aggiunge il fatto che il glutine si trova anche in prodotti insospettabili, dove è usato come additivo. Si comprende quindi come sia facile, seguendo un’alimentazione convenzionale, superare le dosi di glutine che forse l’organismo sarebbe in grado di tollerare e gestire senza creare troppi danni.

 

Come se questo non bastasse, molti prodotti lievitati contengono grandi quantità di lievito (in particolare il lievito di birra Saccharomyces cerevisiae), un microrganismo che, se consumato in eccesso, contribuisce ad alterare il delicato equilibrio del microbiota intestinale.

 

Queste e numerose altre manipolazioni del cibo che ci hanno via via allontanati da un’alimentazione naturale, frugale, nutriente e benefica per il nostro organismo, sono alla base di una reale esplosione di allergie e intolleranze, tra le quali, appunto, le varie reazioni al glutine. Oggi se ne parla tanto, e questo è un bene, però sta emergendo un nuovo fenomeno: il glutine, insieme al latte, sembra essere diventato il capro espiatorio di tutti i mali, il nemico da evitare ad ogni costo. Va da sé che seguire una dieta senza glutine è la soluzione adottata da un numero sempre maggiore di persone.

 

Prodotti senza glutine: non tutti si equivalgono

Osservando tutto questo sorge una riflessione: è sempre salutare mangiare senza glutine? La risposta a mio avviso è: dipende. Dipende da quali prodotti si scelgono. Il fatto è che l’industria si è resa conto che c’è una crescente richiesta di prodotti senza glutine e non si è lasciata sfuggire l’occasione per trarne profitto, creando tutta una serie di alimenti gluten-free, spesso venduti, tra l’altro, a prezzi esorbitanti perché si tratta di prodotti speciali. Essendo associati all’idea di essere più “sani” degli altri c’è chi li compra, a prescindere da ciò che contengono. Se però diamo un’occhiata alle etichette cosa troviamo?

 

Prendiamo per esempio tipici prodotti da forno come biscotti, cracker, fette biscottate e merendine, che ho guardato proprio in questi giorni. La prima cosa che salta all’occhio è che quasi tutti hanno una lunghissima lista di ingredienti, molti dei quali sintetizzati o isolati chimicamente in laboratorio. Tra questi ci sono: amido di mais modificato, farina di riso gelatinizzata, mono- e di-gliceridi degli acidi grassi, sciroppo di glucosio, latte in polvere, addensanti, conservanti, coloranti. E anche il famigerato olio di palma, che forse, tra tutti, è il meno peggio.

 

Ma tu le conosci queste sostanze? Riesci ad associare loro un’immagine, come faresti con l’olio di oliva o le uova o le nocciole o il burro? Io no. E penso che se la mia mente non li riconosce nemmeno il resto del mio corpo li riconoscerà, perciò, quando è così, li lascio dove stanno.

 

Il punto è che adottare un’alimentazione senza glutine o prevalentemente senza glutine è senz’altro una buona cosa, soprattutto se fino ad ora si è abusato di farinacei, e per alcuni è addirittura una scelta obbligata. Tuttavia, è importante distinguere tra alimenti che sono naturalmente privi di glutine, perché la natura li ha creati così in partenza, e altri creati dall’industria alimentare, la cui qualità varia enormemente. I primi meritano tutta la nostra attenzione e sono da privilegiare nell’alimentazione quotidiana, mentre quelli artificialmente creati dall’industria spesso non sono altro che specchietti per allodole e alla fine sono più di danno che di utilità, soprattutto se consumati regolarmente.

 

Tutto questo per dire che leggere le etichette è fondamentale, anche se richiede un po’ di tempo.

 

Per approfondire il discorso sulle differenze tra grani antichi e moderni puoi leggere questo interessante articolo pubblicato su Il fatto alimentare da un esperto nel settore.

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